Pallina s’è data al cinema

Che il cinema italiano necessiti di volti nuovi è affermazione del tutto ovvia e ormai consacrata dalla stampa. Ed è certamente vero che al successo all’estero del nostro cinema fa riscontro una preoccupante situazione tecnica e industriale dalla quale non va disgiunto un impoverimento di quadri nel campo degli attori.
Direi che l’attuale critica situazione del nostro patrimonio artistico aggravata senza dubbio dalla concorrenza americana temibile soprattutto in questo particolare settore, trova difficoltà nella sua risoluzione più per ragioni psicologiche che per un reale e autentico impoverimento di quadri. Secondo me molta gente è prevenuta nel suo giudizio e il noleggio tende a svalutare in modo eccessivo il materiale umano del nostro cinema. Interessi non del tutto chiari e un evidente malvezzo hanno finito per prevalere sulla libera scelta dei nostri registi. (E la colpa è anche degli esercenti, che sono interessati in questa campagna denigratoria).
Un rimedio lo si è trovato nel portare di peso davanti alla macchina da presa attori improvvisati. I risultati di questo tentativo coraggioso sono stati e continuano ad essere sorprendenti: Rossellini e De Sica, gli antesignani, sono stati imitati con successo da molti altri, tra cui Castellani e Visconti.

Il problema tuttavia non si è risolve eludendolo. E coloro che hanno fiducia nel nuovo cinema italiano devono avere interesse e cura non solo nella scelta dei loro interpreti, ma anche nella valorizzazione di giovani elementi. Giacché è vero che un complesso fenomeno come quello cinematografico ha bisogno di poeti e di ingegni eccezionali, ma anche di una solida base industriale e di un vivaio ricco e possibilmente sempre rinnovato di attori.
Considero perciò molto interessante la scelta che Rossellini ha fatto per il film che doveva girare in America dopo Filumena Marturano con Anna Magnani ed Eduardo De Filippo. Rossellini ha infatti scritturato (o fatto scritturare) dai suoi produttori americani, una giovane attrice, proveniente dal palcoscenico, Giulietta Masina, che ha recentemente interpretato un ruolo importante nel film Senza pietà di Alberto Lattuada.

Tra le giovanissime del nostro schermo, debuttanti o quasi, senza dubbio Giulietta Masina è uno degli elementi più promettenti e dotati. Il nostro schermo, negli ultimi anni, è stato avaro in fatto di scoperte femminili. Non ci ha dato, fino ad oggi, equivalenti a caratteri fortemente incisivi e a temperamenti indubitabili come una Dorothy McGuire o poniamo, una Ann Blith. Le nostre giovani debuttanti appaiono avvolte in un anonimo velo di incertezza e di povertà espressiva. Minacciano di cadere nell’oblio dopo il primo timido volo e le loro qualità fisiche sembrano sovrastate da una presenza congenita che gela ogni slancio interiore.
Cominciamo dalle varie miss nazionali o regionali, non importa. Ecco Silvana Pampanini, stupenda creatura, ragazza solida e positiva. È apparsa in due film: Arrivederci papà e Il segreto di Don Giovanni. Ma non ci ha rivelato nessun particolare temperamento. Ora è stata scritturata dalla Fox: ma con che ruolo? Dubitiamo del suo affermarsi, anche relativo. Altre due miss, Lilia Landi e Silvana Mangano, sono apparse in due film scadenti. E infine l’ultima miss Lucia Bosè, che dovrebbe interpretare Riso amaro di Giuseppe De Santis.
Personalità tiepide e qualità umane di qualche rilievo possiedono forse Franca Maresa, l’innamorata assassinata in Gioventù perduta, e Maria Grazia Francia, la figlia della Magnani ne L’onorevole Angelina. Al contrario un’altra schiera di debuttanti si è impostata solamente per un fisico particolarmente dotato, ma appaiono per ora irrilevanti come qualità recitative. È il caso di Franca Marzi (I due orfanelli, Tombolo), Mirella Monti, Isa Barzizza (Dove sta Zazà?) etc.

Giulietta Masina è giunta invece allo schermo dopo una solida preparazione teatrale. Vi è giunta senza fretta, ma ben preparata. Secondo me questa ragazza borghese possiede un talento istintivo che poggia su sicure basi e su una scuola che l’ha dirozzata e formata con uno sforzo lento e graduale ma certo.
Quando si sposò, circa cinque anni fa, con lo sceneggiatore Federico Fellini, fu costretta a lasciare il palcoscenico. Ma la pausa non le ha nuociuto, direi anzi che l’ha maturata. La vidi, negli anni intorno al ’39 e ’40 al Teatro dell’Università di Roma, dove recitava al fianco di ottimi elementi e sotto la direzione di giovani registi come Gerardo Guerrieri, che oggi hanno dimostrato notevoli qualità professionali. Prima di tutto me la ricordo in Felice viaggio di Wilder, poi ne Le trombe di Eustachio di Brancati. Ma Giulietta apparve allora almeno in dieci differenti spettacoli. Più tardi fu scritturata dalla compagnia Stival-Marchiò, e in seguito passò alla radio. In questo periodo alternava le fatiche del microfono con l’università. Era un’interprete finissima del Teatro comico musicale, dove interpretava il personaggio di Pallina in una serie di sketches comici scritti dal marito Fellini. Recitò al microfono anche al reparto prosa nelle commedie Divertimento di Fabbri, e Assurdo di Siro Angeli. Quest’anno, dopo la faticosa interpretazione di Senza pietà, è tornata al palcoscenico per una rappresentazione straordinaria di Angelica di Leo Ferrero.
Con l’ultima fortunata scrittura Giulietta Masina ha superato dunque d’un salto gli anelli forse lunghi e non sempre positivi di una carriera. Rossellini ha indovinato giusto, e il suo occhio, del resto, si è dimostrato finora infallibile. Ma io preferirei che Giulietta Masina, dopo la sua esperienza americana, rimanesse in Italia. Per il bene del nostro cinema, prima di tutto, e per un concreto apporto alla risoluzione di quel problema di cui parlavo più sopra.

Massimo Mida
(Fotogrammi, Roma, 18 maggio 1948 – testo archivio in penombra) 

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