In una valigia diplomatica, tra documenti segretissimi, copie di trattati internazionali ed i giornali per l’Ambasciatore, ha varcato l’oceano una statuetta dorata: l’Oscar che la Academy of Motion Pictures ha assegnato ai realizzatori di Sciuscià, l’ormai famoso film di Vittorio De Sica. Mr. Morey, addetto culturale presso l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma ha personalmente consegnato, presente l’ambasciatore Dunn, il premio al produttore Tamburella e gli attestati di merito conferiti dall’Accademia ai quattro autori del soggetto: Sergio Amidei, Adolfo Franci, Cesare G. Viola, Cesare Zavattini.
È stato appunto in occasione di questa consegna ufficiale, avvenuta nella sala del cinema Arcobaleno, che noi abbiamo per la prima volta visto e toccato la « statuetta delle follie » così come la gente del cinema americano ama chiamarla. Con voce tremula per l’emozione, il comm. Gualino pronunciò alcune parole di saluto in inglese alle autorità intervenute. Seguì il discorso ufficiale di Mr. Morey. Pur non essendo un firmatario di manifesti in difesa del Cinema Italiano né un appartenente a quella schiera di eletti i quali — a quel che sembra — si vantano di essere gli unici difensori d’ufficio — e di partito — del nostro cinema, l’attaché culturale americano seppe sottolineare l’umana potenza espressiva di questi film e di certa nostra produzione con parole prive d’enfasi e di retorica, parole che nessuno di noi aveva ancora saputo trovare per esaltare il cinema italiano.
Alle parole pacate, pronunciate da Mr. Morey in italiano, rispose con l’euforia del vincitore ed un impeto da radiocronista di partite sportive, in versione italiana ed inglese, il produttore Paolo Tamburella, che, dopo aver inneggiato al regista ed ai soggettisti, ha poi presentato gli altri collaboratori del film: i quattro giovani interpreti, l’operatore Anchise Brizzi, il M° Cicognini, lo scenografo ed il direttore di produzione Nino Ottavi.
Per ragioni tecniche (erano presenti moltissimi operatori e fotoreporter) la cerimonia della consegna della statuetta fu ripetuta: così l’Oscar passò più volte dalle mani di Mr. Morey a quelle di Tamburella e viceversa. Anche l’Ambasciatore Dunn volle partecipare al divertente gioco cinematografico e si fece fotografare con la preziosa statuetta in mano. In sala e nel ridotto notammo, l’Ambasciatrice americana, l’On. Proia, l’On. Donati, il Comm. De Pirro, Capo dei Servizi dello Spettacolo in rappresentanza dell’On. Andreotti assente per ragioni di Governo, il dr. Del Ciglio, segretario particolare del Sottosegretario alla Presidenza, Eitel Monaco, il comm. Calvino, il comm. Fattorosi dell’Enic, la stampa cinematografica al gran completo, la signora Contini, la signora Viola, Sandro Pallavicini più euforico che mai, Marta Eggerth, Marta Abba, Marga Cella, Tullio Carminati, Emanuele Del Giudice, Roberto Rossellini, Vera Worth, Domenico Paolella, Nunzia Franzini dell’A. P., il giovane e promettente Mario Ungaro e miss Panna Montata ovvero Franca Faldini.
Sul tardi, a premiazione avvenuta, giunse De Sica accompagnato da Maria Mercader. L’ambasciatore Dunn e le autorità, che stavano per raggiungere il buffet, s’intrattennero e si congratularono con l’ultimo arrivato. Cafiero, il più compito dei nostri colleghi, che all’ingresso aveva distribuito sorrisi e biglietti, al cocktail party fu visto aggregarsi alla statuaria Olimpia Holt.
Quando lasciammo le sale dell’Arcobaleno, il luccichio dell’Oscar, brandito da Tamburella come spada fiammeggiante, lanciava abbaglianti riflessi che si spengevano nel monocolo del regista Antonio Musu.
M. N.
(Fotogrammi, Roma, 25 Maggio 1948 – testo archivio in penombra)