Alla Minerva Film

Nel tardo pomeriggio di mercoledì 14 il fotografo de Antonis lavorava a Castel Sant’Angelo e vide un grande fumo giallo levarsi a poca distanza dalla Stazione Termini: era bello a vedersi, sulfureo contro le nuvole grigie dello scirocco romano. La signora Vernon Edwards, che stava sight-seeing al Palatino non si accorse del fumo, ma fu spaventata da due esplosioni: immaginò un attentato dell’Irgun Zvai Leumi. Piero Melani, della Paramount, era ammalato nella sua abitazione di via Varese e le finestre gli si spalancarono, l’odore acre gli avvolse il letto. La fidanzata del Capitano Peter Moore, che un attimo prima aveva preso congedo dal fidanzato sulla soglia della Minerva Film ed era per giungere in piazza Indipendenza tornò indietro di corsa: il capitano aveva appena avuto il tempo di raggiungere il secondo piano, non il quarto dove si trovavano i suoi uffici. Saltò dalla finestra e fu salvo, non sa ancora come. Nessuno sa, dei superstiti. Parlano di mura che prima c’erano e poi non c’erano più, di soffitti scomparsi, di luci mutate. Si esce sempre dalle catastrofi così, con il ricordo di un’apertura improvvisa, di una nuova ombra che il cielo riflette abbagliante sull’impiantito un attimo scoperto e subito dopo crollato. Due, tra le ragazze morte, sono morte di paura, non di fuoco: Marcella Benedetti, venticinque anni, il fidanzato che l’aspettava sul marciapiede di fronte e Eva Fratoni, diciotto anni. All’Obitorio, velate di bianco, incoronate di fiori bianchi, bellissime tutte e due, apparivano straordinariamente quiete, intatte, remote. All’ospedale, Lea Tanguelli ed Andreina Albonetti, quasi incolumi dopo voli dalla finestra di cui non serbano memoria, chiudono gli occhi per rifiutarsi di ripensare, a rivivere. Stavano lì al tavolo, lavoravano, era quasi ora di uscire, l’indomani sarebbe stato giorno di vacanza. Andreina, 19 anni, sa che il suo abito, volando, le si gonfiò intorno: « un paracadute, mi sono salvata così, ho appena una gamba rotta ». Lea, 21 anni, crede di essere uscita dalla finestra del terzo piano con un signore che vorrebbe « conoscere per ringraziarlo » e restò appesa ai cavi elettrici senza osare il salto, finché svenne e tre vigili dal basso, l’accolsero con le braccia riunite. Via Palestro era affollata di gente con le palme alzate, una folla inquieta e furente contro la Società dell’acqua che non provvedeva all’erogazione, con la Società della luce elettrica che non toglieva la corrente. I pompieri dovevano servirsi delle autobotti, l’unica veste di amianto, l’unico telo di salvataggio di cui disponevano i pompieri romani non furono usati, ma gli uomini lottarono con tutta la generosità possibile. Un passante, monco del braccio destro, si butto in mezzo al rogo per spaccare con il manico della rivoltella, la vetrata che chiudeva, spaventosa parete trasparente, le convulsioni di una donna dalle vesti in fiamme. Il vetro si ruppe, il monco strappò fuori la donna trasformata in torcia, la trascinò lontano  e solo sul lato opposto della via capì che era morta. Era un mutilato di guerra, con quattro medaglie ed avrebbe voluto cominciare la rivoluzione lì, tra i soccorsi insufficienti, con una creatura carbonizzata tra le mani, invocando al dittatura contro la disorganizzazione.

Alla Lux, accanto, ci si ricordava improvvisamente il numero delle pellicole riposte in cantina. Alla Banca, dirimpetto, le finestre e le porte si scardinavano, le tende ricadevano sbattendo, stracciate, contro i vani vuoti. Incominciavano i ragionamenti matematici e tetri degli scampati: io avrei dovuto esser qui… Agnese avrebbe dovuto non esserci… se la fidanzata di Moore si fosse allontanata dieci minuti prima… se Maurizio Lodi-Fe fosse stato puntuale all’appuntamento con Pesenti… se il tram fosse arrivato prima… se non avessi avuto la voglia di un caffè… Attimi, frammenti, inavvertibili segni.

Cominciarono le polemiche sui giornali, i comunicati della Minerva Film. Il giorno seguente alla catastrofe, i primi camioncini presero ad allontanarsi, furtivamente, dalla Lux Film e dalle altre villette che ospitano Case di Distribuzione, portando altrove i depositi di pellicole. Quintali e quintali, dicono, e immagazzinati a poca distanza da rimesse e da depositi di benzina, tutto il Macao poteva andare a fuoco, mercoledì 15 maggio. Ora è già tornato tranquillo, l’Italia ha imparato troppo bene, negli ultimi anni, ad addomesticare le sue rovine. La palazzina lustratissima della Minerva Film è ricondotta, così spogliata del cemento, delle vetrate, dei fiori, della razionalità lusingatrice, alla sua primitiva apparenza di squallore antiquato, e tutto in torno i frammenti di cristalli la bordano, e i metalli cromati e i volantini di propaganda con sopra scritto Giorni Felici, interpretato da Lilia Silvi. Un poco di gente si riunisce ancora lì, a parlar male del governo e dei ricchi. Uno strillone vende tutta la storia stampata in grossi caratteri su brutta carta, con fotografie dei morti. Ma ci sono anche i coni gelati. C’è ancora lo scirocco e toglie il coraggio perfino al dolore.

Irene Brin
(film Rivista, 31 maggio 1947 – testo archivio in penombra) 

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.