La tradizione del nostro varietà è l’anarchia. Anarchici erano Petrolini e Pasquariello, Ersilia Sampieri e Isa Bluette, anarchici sono Totò, Macario, Rascel, Taranto e Anna Magnani.
È un bell’animale Anna Magnani, un animale stupendo, pantera o cavalla, in libertà.
Caracolla attraverso gli aridi copioni col sesso sulla faccia, e poi si scatena, poi alza le gambe anteriori e poi si scopre, per il gusto di scoprirsi. Non d’esibirsi; di scoprirsi. Perché lo fa. Anna! Poi si modula, col naso, gli stornelli alle ragazzette, ai capi partito, al re senza corona, all’Italia umbertina, a quella fascista, a quella sedicente democratica. Perché, Anna, lo fa! Poi si oscura, indossa stracci alla Charlot e nuovi motivi, allora, esplodono, e l’attrice giuoca a fare l’attrice. Sono motivi popolareschi, aggressivi, nostalgici, di lotta con la natura e con gli uomini e con le leggi, sono rimpianti sociali, sono speranze patriottiche, sono offese e difese universali, tutto là, scatenato, accettato in blocco dall’istinto. Chiedete ad Anna perché lo fa. Non saprà rispondere. Perché è pantera o cavalla, senza briglie.
A lei certo è sufficiente. Che gli uomini siano suoi, che le donne siano sue, che il teatro sia suo. Portando in platea due fianchi troppo gloriosi, puntando in quelle degli attempati le sue pupille troppo consapevoli, sfiorando con le sue altre mani femminili, non fa che turbare con reagenti indiscreti ed equivoci uno svago che potrebbe essere placido. Tutto ciò, fuori del bene e del male, su un piano d’astrazione, di agnosticismo (o d’ignoranza).
Ma noi vorremmo che il suo formidabile istinto assimilasse aspirazioni più alte, vorremmo che uscisse dal comodo provincialismo dov’è facile far vibrare le corde della commozione o dell’ilarità o d’altro, per entrare, ecco, in un ordine in cui la satira diventasse, in lei così prepotentemente popolana, genuina leggenda popolaresca.
La rivista, ora? La rivista non c’è in Cantachiaro n. 2. Non ritmi, non balli, non coreografie; ma Cervi, che è Cervi, Viarisio, cioè un comico franco e preciso quanto limitato, Barnabò, col suo umorismo inespresso, Tieri e la Ninchi, tutt’altro che male, e Fragna, fiaccamente, all’orchestra.
Michelangelo Antonioni
(film d’oggi, Roma, 9 giugno 1945 – testo archivio in penombra)