Negli stabilimenti Scalera si lavora a pieno ritmo

Teatri di posa della Scalera Film Roma

Roma, 18 luglio 1951

La Scalera, fra gli stabilimenti cinematografici romani, rappresenta un po’ il pater familias. La sua produzione, la perfezione dei suoi impianti, la autorevolezza del suo nome — giunti come un richiamo fino all’estero, tanto che la maggior parte dei film stranieri realizzati in Italia sono stati girati appunto alla Scalera — contribuiscono a dare a quegli stabilimenti, un indiscusso prestigio. Ma ciò che ci suggerisce maggiormente la raffigurazione, è quel senso di riposante familiarità che si prova appena si entra nel vasto recinto della Scalera.

Posta proprio sul limitare della antiche mura romane, è in una posizione accogliente e centrale — centrale s’intende, per quel che può esserlo un teatro di posa — e i « cinematografari » vi si recano con un certo senso di sollievo, pensando a quei lunghi tragitti sotto il sole rovente o per strade inzaccherate che non dovranno percorrere. Nei viali ombrosi, nonostante l’intenso ritmo del lavoro, sembra regnare la pace, la tranquillità… Insomma, per i « cinematografari » girare alla Scalera ha un qualcosa di quei periodi di serenità indescrivibile, che prova il « figliol prodigo » tornando dopo una lunga assenza nell’intimità raccolta e tranquilla della sua famiglia.

Ma il complesso della Scalera è, ciononostante, un « padre » che ha saputo costantemente mantenere il passo coi propri figli, rinnovando i propri impianti e le proprie attrezzature, adeguandogli costantemente ai nuovi progressi della tecnica.

Oggi, come sempre, alla Scalera si lavora a pieno ritmo, in tutti i suoi tetri di posa. I due maggiori misurano rispettivamente m. 25X41 e 23X50; a questi due giganti, nei quali è possibile realizzare praticamente ogni scena, anche le più vaste e le più complesse, data la grandiosità dell’attrezzatura, se ne aggiungono altri quattro, di proporzioni minori, relativamente ai maggiori, ma pur sempre di notevoli dimensioni. È quindi facile comprendere quali siano le « possibilità ambientali » — diremo così — della Scalera, accresciute dai più moderni impianti di registrazione sonora R.C.A. e dal gigantesco « parco lampade », tanto ben fornito da costituire il calderone dal quale più o meno attingono tutte le produzioni, specie per le necessità delle riprese in esterno.

Naturalmente i teatri di posa sono soltanto una parte delle molte costruzioni racchiuse nel recinto della Scalera, alle quali vanno aggiunte le costruzioni degli uffici, degli spogliatoi, i vari reparti in cui lavorano falegnami, pittori, decoratori, scenografi, scultori, sarte, in tal numero da costituire un agguerrito esercito; e poi tutti i laboratori sussidiari: le tre sale di doppiaggio, la sala di mixage, le dieci sale di montaggio.

Quei macchinari sembrano vivi, umani: i loro muscoli sono le cinghie di trasmissione, le spie luminose i loro occhi, l’energia elettrica i loro muscoli: sono vivi, ma mancano di cervello; e quei macchinari sono eccezionali esseri umani che agiscono attraverso il cervello delle centinaia di tecnici espertissimi addetti al loro funzionamento. Sono esseri umani che non hanno bisogno di riposo, e possono lavorare giorno e notte per adeguarsi al ritmo vorticoso dei film che attualmente sono in produzione alla Scalera.

Per farsi un’idea dell’entità dell’attuale ciclo lavorativo della Scalera, basta pensare che Giorgio Bianchi vi sta girando Amor non ho, però, però, con Rascel, Gina Lollobrigida, Luigi Pavese, Franca Marzi, Kiki Urbani; Nel vortice richiede invece la presenza quasi quotidiana alla Scalera di Marcello Mastroianni, Marco Vicario, Gianna Maria Canale, Leda Gloria e del regista Maiano. Tutt’altra cosa è invece Nel vortice della metropoli, anche se il titolo è molto simile: il regista è Mario Bonnard, e gli attori sono Charles Vanel, Eleonora Rossi Drago, Jacques Sernas e Antonella Lualdi. Un quarto film in lavorazione è La luna rossa, con Barbara Florian, Renato Baldini e Maria Frau. Quattro film tanto diversi e tanto complessi, che dimostrano la piena efficienza del capostipite dei nostri teatri di posa. E a questo elenco, bisognerebbe aggiungere ancora molti altri titoli, molti altri nomi di « divi », di produttori e di registi. Uno solo per tutti: Leonida Moguy, che, in attesa di iniziare alla Scalera il suo nuovo film, sta eseguendo i provini per trovare i nuovi attori che ne saranno i protagonisti. E la Scalera guarda con benignità paterna — o materna? — i candidati, dai quali verranno fuori altri suoi « figli ».

(testo e immagine archivio in penombra)

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