Roma, luglio 1946
Avevamo sollecitato un’intervista con Aldo Fabrizi che sta interpretando al Liceo Visconti, in Piazza del Collegio Romano, il nuovo film di Renato Castellani, Mio figlio professore. Fabrizi ci ha ringraziato dell’onore e ha detto che non era il caso, che, insomma, se proprio volevamo fare una intervista coi fiocchi, avremmo dovuto rivolgerci ai “novellini”, ai quattro nuovi “divi” che debuttano nel film di Castellani. « E cosa sono? un quartetto canoro? ». Sì e no. « Per cantare — rispose Fabrizi — le hanno cantate spesso a molta gente; ma che proprio siano canori, non si può dire ».
Il quartetto non era canoro, ma nient’affatto disprezzabile. I “novellini”, se proprio volete saperlo, non sono dei “divi” da strapazzo, ma quattro distinti signori che affrontano — è vero — la macchina da presa per la prima volta, ma con quale bagaglio d’esperienze! I quattro si presentano davanti all’obiettivo, ricchi di una vasta cultura cinematografica e il regista non avrà davvero da spender fiato con loro, tanta è vasta la preparazione che possiedono.
Questi attori occasionali che si son messi a far la concorrenza agli Almirante, ai Betrone, ai Marcacci del nostro cinema, sono quattro scrittori romani, tre dei quali hanno pure esercitata la funzione del critico cinematografico: Ercole Patti, l’autore di Quartieri alti; Ennio Flaiano, direttore di una rivista cinematografica; Attilio Riccio, critico del Risorgimento liberale e Mario Soldati, l’autore di L’amico gesuita e il regista di Piccolo mondo antico e Monsù Travet. Quest’ultimo non è esatto dire che si avvicina per la prima volta alla macchina da presa, perché nei suoi vari film è già apparso in parti fugacissime; per l’importanza del ruolo affidatogli, comunque, Mio figlio professore costituisce il suo debutto, tanto più che il suo nome, insieme a quello dei colleghi, sarà regolarmente inserito nei titoli di testa del film.
Ercole Patti, bisogna pur dirlo, sognava questo giorno da tempo; uomo ambiziosissimo, allorché dirigeva un giornale cinematografico, non trascurava l’occasione per tentare di pubblicare sue fotografie nelle pagine del giornale; un giorno tentò perfino di pubblicare un suo testone in copertina e se non fossero tempestivamente intervenuti i colleghi della redazione a dissuaderlo, chissà a quale cifra sarebbe scesa la tiratura del giornale. Ora che il suo sogno è realizzato, Patti è felice; lo abbiamo visto mentre si pavoneggiava col suo vestito marrone del primo novecento, intento a far la corte a una giovinetta che partecipava al film; « Una mia alunna — disse Patti, presentandoci l’occasionale collega e accarezzandosi la finta barbetta che gli ornava il mento — forse per amore di lei dirò addio alle lettere e diventerà definitivamente un asso del cinema ». Per chi conosce l’abituale pigrizia di Patti, non ci sarà da meravigliarsi se un giorno il nostro collega dovesse effettivamente decidersi ad abbandonare la penna per lo specchio. Recitare una parte — secondo Patti — non costa nulla; la fatica di un attore consiste solo nel presentarsi puntuale in teatro, nel mettersi e nel levarsi il trucco dal volto.
Ennio Flaiano era pure lui contento, ma solo per un basso motivo di interesse. « Il giornalismo — ci disse Flaiano — non mi ha mai fruttato tanto quanto questa piccola parte di attore. Si guadagna benissimo e noialtri che pure possediamo innegabili qualità interpretative, siamo stati degli stupidi a non pensarci prima ».
Attilio Riccio — per il fatto di esercitare ancora il mestiere di critico — era un po’ perplesso, si preoccupava dei suoi lettori e infine pensava al giorno che avrebbe dovuto recensire il suo film: non sarebbe certo bastato il generico « bene gli altri »; come avrebbe dovuto regolarsi? avrebbe dovuto scrivere « ottima l’interpretazione di Patti, Riccio, Flaiano e Soldati » e poi firmare il pezzo con le sue iniziali? Che figura ci avrebbe fatto con la gente di sua conoscenza?
Soldati — al apri di Patti — era felice del suo debutto; spiegava a un amico come e perché era pervenuto alla decisione di darsi all’arte e intanto teneva d’occhio il fotografo che lo stava ritraendo, con quell’ansia di far bella figura comune ai consumati divi dello schermo.
Questo singolare debutto cinematografico non sarà comunque senza conseguenze; lo spettacolo, come tutti gli spettacoli degni di rispetto, avrà una replica: Patti, Flaiano e Soldati si rivedranno presto, dopo aver interpretato Mio figlio professore; si rivedranno nella riduzione cinematografica del Daniele Cortis che lo stesso Soldati si accingerà a dirigere fra non molto, per queste scene romane.
Drag.
(testo e immagini: archivio in penombra)