Un amico giornalista mi ha imposto di concedergli un’intervista per i suoi 100.000 lettori. Ho stornato il discorso raccontandogli un’avventura di caccia; gli ho detto che non sono Napoleone, né Robert Taylor in incognito, ma quello ha insistito. E, poiché mi rifiutavo di parlare, il giornalista — minacciandomi a mano armata — ha voluto che scrivessi un articolo. E così, stavolta, lettrici e lettori, parleremo di me.
Anzitutto dirò che sono figlio di un giornalista (così non andranno in collera quanti sentono invaso il loro campo con questo mio debutto); sì, mio padre fu per trentaquattro anni di seguito critico drammatico del Resto del Carlino. Naturalmente, per ereditarietà il figlio doveva diventare o giornalista o attore; fu nel 1924 che decisi per il teatro. Iniziai la carriera con la Borelli: percepivo allora quindici lire a sera e mi sembravano tante. L’anno successivo feci parte del teatro di Arte di Roma, costituito da Pirandello, come attor giovane. Ebbi modo di recitare nelle maggiori città europee, fui a Londra, Parigi, Berlino. La più lunga permanenza all’estero fu quella iniziatasi a Berlino. Girammo allora per diciotto città della Germania, riscuotendo un successo memorabile. Passai in seguito con altre formazioni e poi alla Tofano-Maltagliati-Cervi, fino allo scorso anno.
Qui mi permetto una breve sosta. Vado a bere una bibita nel vicino caffè insieme al mio guardiano messomi alle spalle con l’ordine di vigilare ogni mia mossa finché non gli avrò consegnato il pezzo. Ritornerò subito a voi, mie belle lettrici e vi racconterò una storiella allegra.
Ricordo una sera, in un teatro milanese in cui davamo una commedia di un giovane e sconosciuto autore, questo episodio. Marta Abba ed io eravamo i primi attori. Molti dubitavano del successo che la commedia avrebbe avuto. L’autore stesso ne tremava. S’era tappato in un camerino e attendeva trepidante la caduta del suo lavoro. Le cose — però — andarono in modo differente: il pubblico applaudì; andai a cercare l’autore e, trovatolo nel camerino, lo tirai per un braccio: — Vieni — dissi — il pubblico ti vuole ad ogni costo! — Quello si irrigidì coraggiosamente: — « Lasciami — rispose — ci vado senza di te, so difendermi da solo! ».
Adesso torniamo al nostro articolo.
Come sapete, sto girando attualmente — sotto la regìa di Brignone — Gli uomini non sono ingrati, la bella commedia di De Stefani già da me interpretata sulla scena. Alcuni cineasti hanno rimproverato questo mio passaggio dal film drammatico alla commedia. Si ricrederanno. Penso che verrà fuori un film molto spigliato che divertirà sicuramente il nostro pubblico. Quest’affermazione deriva da un mio recente incontro con una chiromante la quale ha dichiarato: « fra qualche mese vivrete di rendita per il vostro lavoro ». Come vedete, posso esserne sicuro…
Naturalmente dovrò parlarvi de’miei lavori precedenti. Vi dirò che Aldebaran è stato quello che m’ha procurato maggior soddisfazione e al quale ho dato tutto il mio entusiasmo. (Con un regista come Alessandro Blasetti ogni difficoltà è superata e il lavoro progredisce meravigliosamente. Quest’anno agirò nella sua nuova produzione, l’Ettore Fieramosca che sarà un lavoro di gran mole e rappresenterà degnamente l’Italia nella mostra Veneziana dell’anno 1938. La lavorazione del film avrà inizio a metà novembre ed è questa una delle ragioni che mi hanno fatto rinunziare a contrarre impegni teatrali per la veniente stagione. Ettore Fieramosca avrà una larga risonanza per il vasto impiego di mezzi e perché ancora nel cinema italiano non s’è visto un personaggio così completo e perfetto.
Degli altri miei film: Amore con Edwige Feuillere e i Due Sergenti — sebbene abbiano contribuito alla mia popolarità sullo schermo — non sono molto soddisfatto perché non consoni al mio temperamento. Appena finito il film di Brignone, inizierò, sotto la direzione di Mastrocinque, Voglio vivere con letizia altro soggetto brillante in cui appariranno sette nuovissime attrici.
Nel maggio prossimo parteciperò alla gara automobilistica delle « Mille miglia ». Lo faccio per due ragioni: per far dispetto al corridore Gazzabini, passato recentemente al cinematografo, e per salutare ancora una volta tutte le mie ammiratrici. A proposito delle quali, vi dirò che ricevo centinaia e centinaia di lettere, di diverso e originale contenuto, specie dopo la mia interpretazione di Aldebaran. Confesso di non aver ancora avuto alcuna proposta di matrimonio, la qualcosa mi metterebbe notevolmente in imbarazzo perché non sono… completamente disponibile…
Gino Cervi
Roma, Ottobre 1937