Lettera al fratellino

Riccardo Fellini

Caro Riccardo

ecco, sei contento adesso? Reanda ti ha pubblicato una tua fotografia? Lo so, ti dispiace che sotto non ci sia scritto ciò che mi hai suggerito, ma vedi, ho pensato che è sempre meglio dire la verità. Perché scrivere « ecco l’interessante viso di Riccardo Fellini », « Riccardo Fellini, giovane promessa in una sua forte e caratteristica espressione », « Riccardo Fellini, che ha già preso parte al film I tre Aquilotti, in una fotografia che rivela la sua maschera possente »? Perché scrivere questa roba? Sono le solite frasi sotto i soliti visi. Fratellino, quella non è una tua caratteristica espressione, o almeno io non ti ho mai visto così, nemmeno papà, nemmeno la mamma. Poverina! Si sarebbe messa paura! Ti prendo in giro? Scherzo? Su, non t’arrabbiare, non tenermi il broncio. Parliamo un pochino fra noi. Quattro chiacchiere da buoni amici, da bravi fratellini, si che la mamma e papà sarebbero contenti se ci vedessero. Avremmo potuto farle questa sera al solito ristorante dove c’incontriamo, ma là è quasi impossibile parlarci seriamente. I camerieri sono tutti dalla tua parte, il padrone ti fa credito più volentieri che a me e tutti mi sarebbero contro. E poi c’è un’altra cosa, Riccardo. Da un po’ di tempo a questa parte, quando parli con me fai tante smorfie, assumi continuamente espressioni ora dolci, ora bieche, ora appassionate, ora tristi… Perché fai così? Io non sono né lo specchio della tua cameretta né Elio Luxardo che in tante pose ti ha fotografato, e tanto meno sono un produttore. E allora preferisco parlare con te qui sopra… se Reanda lo permette, davanti a tutta questa gente che ci sta a sentire e che spero non si annoierà ad ascoltarci. Voglio solo farti qualche domanda. Ecco, prima di tutto: era proprio necessario comperare cinquanta copie di questo numero di Cinemagazzino? E se io questa sera non voglio prestarti i soldi per l’autobus? Lo so, a parte il fatto che Reanda sarà contento, tu dici che questo è umano. Sì Riccardino, è umano, e poi tu sei tanto ragazzo… Ma non mi sembra tanto umano e tanto perdonabile mostrare il giornale ai camerieri, ai fattorini del tram, ai postini… E non è nemmeno umano, al ristorante, farlo cadere in terra con arte affinché la signora del tavolo accanto lo raccolga, e raccogliendolo possa vederti la fotografia.

Lasciami parlare, non ho finito. Ho visto che ti sei comprato l’altro giorno quattro strane camicie gialle. tutte gialle. Da qualche tempo nel tuo guardaroba vedo stranissime maglioni da cow-boy, bretelle colorate come soltanto certi pappagalli si permettono di essere, e calzini che non hanno nulla da invidiare all’arcobaleno. Mi vuoi spiegare cosa significano? Diventi rosso, cerchi di evitare il mio sguardo e a mezza voce rispondi: — Tu non puoi capire… se mi presento vestito modestamente, modestamente i produttori forse i produttori non mi prendo in considerazione… devo fare un tipo… — Fratellino, non voglio nemmeno rispondere a questa tua dichiarazione, ma ti scongiuro di non arrivare mai al punto di vestirti da pelle-rossa e di salutare conciato in quel modo il placido sorriso di Liborio Capitani o l’eterna sigaretta di Cogliati e Colamonici. Ma lasciamo seguitare… Ti ho sorpreso moltissime volte in compagnia di persone che con paterni sorrisi ti battono una mano sulla spalla e sembrano volerti proteggere per tutta la vita. Persone più giovani di te. L’altro giorno, quello che ti abbracciava in via del Tritone avrebbe potuto essere tuo figlio. Ti ho chiesto chi fosse e tu eri quasi pallido dall’emozione. — È un aiuto regista, di un aiuto regista che forse sarà l’aiuto regista in un documentario sulle formiche… può fare molto per me. Gli ho dato tre fotografie…

Riccardino, non credo che a Roma esista nessuna persona all’infuori di me e di Vito De Bellis (che virilmente ed energicamente si è rifiutato di accettarle), la quale non possiede almeno tre fotografie tue… Perché succede questo, Riccardino? Possibile che tu debba credere a tutti? Possibile che a Roma siano tutti registi, produttori, direttori di produzione… una popolazione intera, insomma, che si interessi soltanto al cinema? — Ma io debbo entrare nell’ambiente… — rispondi unendo le mani, — soltanto così potrò riuscire… debbo farmi conoscere… faccio tutto questo per arrivare…

Ma dimmi, Riccardo, ti spiace tanto questo periodo d’attesa? Non lo sai che è il migliore? Ti stai fabbricando i ricordi, ti stai fabbricando il rimedio sicuro contro la malinconia e la noia della celebrità futura. Non voglio aver l’aria di darti consigli, non sono né un forte né un onesto, ma vorrei solo che non cadessero più giornali dai tavoli dei ristoranti, che certe bretelle restassero nei cassetti dei negozi, che non mi dicessi più con gli occhi lucidi: — Guarda, Federico, guarda, quella ragazza laggiù si è voltata, forse ha visto la mia fotografia pubblicata sul giornale… mi ha riconosciuto… — perché se fai così, fratellino, mi costringi a credere che questa tua fortissima passione artistica non abbia nessuna altra méta che la lettera dell’ammiratrice, la fotografia insieme a Clara Calamai, e i baci al cuscino delle sartine del nostro paese.

Credimi, Riccardo, non c’è bisogno di camicie gialle, non c’è bisogno di aiuto registi degli aiuto registi, se quando guardi lo specchio nella tua cameretta non stati recitando anche quando gridi: « Debbo riuscire! ». Se veramente in te c’è quella meravigliosa cosa che si chiama « arte », i soldi per le bretelle colorate puoi regalarli a me. E stai tranquillo, verrà quel giorno che tanto attendi. Niente potrà fermarlo, nemmeno gli uscieri di tutti i produttori di questo mondo. Mi hai capito, Riccardo? Scuoti la testa? Non vuoi darmi ragione. E allora questa sera al ristorante lascia pure cadere il giornale, bèati del sorriso della signora del tavolo accanto, domani corri a comprare un costume d guerriero antico… riuscirai egualmente, ne sono sicuro, ma vedi, riuscirai in un modo che mi costringerà ad essere seccato di essere seccato di essere il fratello di « Riccardo Fellini, quello che somiglia a Girotti, che recita come Serato, che quasi quasi è bravo come Brazzi e che quando porta la marsina è un fenomeno… ». Mi seccherà moltissimo, fratellino, e quando tornerò al nostro paesetto lontano seguiterò a dar ragione alla mamma: « Eh si, era meglio se seguitava a studiare…»

tuo Federico

Roma, Luglio 1942

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