Cinecittà, 8 febbraio 1943. Si sono iniziati ben tre film: C’è prima la signora, I nostri sogni e T’amerò sempre.
C’è prima la signora e il nuovo film interpretato da Fabrizi. Gli ho dato un’occhiata al teatro n. 13, dove fino a pochi giorni fa Poggioli era intento alla realizzazione de Le sorelle Materassi. Entro, e ti trovo un’aria di quieta attesa, come se nulla urgesse, come se fossi entrato per isbaglio, non invitato, in un tranquillo salotto borghese dove si scambiano quattro chiacchiere di nessuna importanza: Mario Bonnard, il regista, è seduto su un divano accanto a Olga Sobelli; e su una poltrona, accanto alla Sobelli, è seduta Caterina Borato. Di fronte alla Boratto, su un’altra poltrona, è seduto… ma sì, Fabrizi. Parlano quietamente, con voce sommessa, tanto che non ne distinguo le parole. Un bambino ruzzola avanti e indietro e ogni tanto qualcuno lo chiama, gli fa le moine. Sto lì un po’ incerto, non troppo convinto di ciò che vedo. Mi aggrappo allora ad Amato, don Peppino Amato, che sta giuocando con la catenella delle chiavi. Ma non parlo, temo di disturbare, gli fo un cenno come per chiedere: “Che succede?”.
Amato non mi risponde, distratto da altre cose.
— Nè, Mario, — dice — Possiamo andare. Il fondale è a posto.
Il nominato Mario è Bonnard il quale a malincuore si alza dal divano, si dirige verso la macchina da presa. Da questo momento il salotto perde il suo aspetto borghese e raccolto: si accendono le luci, i truccatori si precipitano a ritoccare il trucco degli attori, un segretario dà a Fabrizi una tazzina di caffè… Pronti, si gira. Ciak in campo. Ciak fatto… Ma un attrezzista, nella fretta di tirarsi da parte, urta un cavo, il cavo sposta un riflettore, un macchinista, per correre a sostenere il riflettore, inciampa nel tappeto e finisce addosso a Fabrizi che, preso alla sprovvista, si rovescia sul bell’abito nuovo il liquido nerastro della tazzina.
Come nelle vecchie comiche… Ma da lì a poco tutto è sistemato; e la Solbelli, indicando la Boratto, chiede a Fabrizi: “Quanto mi date se vi parlo tanto tanto di Elsa?”. E Fabrizi, che in questo film è pescivendolo, si confonde un po’ e finalmente il suo entusiasmo trabocca in una generosissima risposta: “Un milione”.